Il Territorio

Fu il primo nucleo massetano che, insieme a Borgo, si formò alle falde del Castello di Monteregio, dimora del Signore del feudo e successivamente del Vescovo.

Quando sul finire del secolo X o agli inizi del XI fu costruita la primitiva chiesa di San Cerbone, divenuta per successivi ampliamenti l’odierna cattedrale, attorno ad essa sorsero e si moltiplicarono le case di coloro che salivano da Massa Veternensis o erano attratti dal lavoro nelle miniere di argento e di rame.

Fra essi, di fronte al feudo dominante, germogliò il fermento della libertà e nacque coscienza di popolo. A buon diritto fino da allora ebbe l’appellativo di Cittavecchia, quale genitrice e quindi pernio vitale di Massa di Maremma durante il tempo glorioso della sua Repubblica, come attestano i palazzi del Comune, del Podestà e del Giudice Assessore, nei quali si assumevano le supreme decisioni e si amministrava la giustizia.

Appartennero a questo Terziere famiglie illustri, quali i Biserno della Gherardesca, i Segalari, i Pannocchieschi, i Butini, i Neri, i Todini e gli Avveduti, della cui stirpe Nuta Nera, madre di San Bernardino.

Forse per la prima volta, nella storia dell’urbanistica occidentale, troviamo riuniti in un medesimo ambiente, la piazza, tutti gli edifici necessari alla vita pubblica di una città.

Cattedrale di San Cerbone
Monumento del secolo XIII. La parte anteriore, fino al campanile, venne costruita intorno al 1225 probabilmente da un architetto pisano. Poiché schiettamente pisani sono gli altri elementi decorativi del Doomo come i prolungamenti e l’abside aggiunti intorno al 1287, l’assieme dell’opera può ugualmente essere attribuita ad artisti ed operatori di scuola pisana. Vi si sale per un’ampia gradinata e la facciata, di forma basilicale a tre ordini, è ornata da colonne sostenute da animali o simboliche finemente lavorate. La sua posizione elevata contribuisce ad aggiungere al tempio una particolare bellezza e l’artista lo pose obliquamente perché l’occhio potesse ammirare lo snello campanile, tutto il lato destro e la facciata basilicale. Un osservazione attenta può constatare che la sua costruzione si deve almeno a due epoche e forse a due secoli differenti. La parte più antica, costituita da due ordini della facciata e dalle tre navate fino al campanile, è costruita ad arco rotondo e tutta in travertino poco compatto. Da ammirare all’interno della Cattedrale la “Madonna delle Grazie”, quel che rimane di una grande tavola, dipinta sul davanti e sul tergo, attribuita nel corso di questo secolo a Duccio di Buoninsegna, a Segna di Bonaventura, a Simone Martini. Eseguita da Goro di Gregorio nel 1324, altro gioiello custodito è l’Arca di San Cerbone, molto probabilmente collocata fin dall’origine sotto la mensa dell’altare maggiore e successivamente nel soccorpo della Cattedrale. Si trova attualmente di nuovo dietro dietro l’altare della chiesa massetana. Di marmo bianco, sormontato da un coperchio a quattro spioventi serrato in alto da un blocco orizzontale finemente modanato, sia i fianchi, sia il coperchio, sono scolpiti a bassorilievo; i primi con otto scene relative alla leggenda del Santo, il secondo con dodici medaglioni. L’Arca di S. Cerbone costituisce il più significativo esempio di scultura di quello che può definirsi “stile di predella”, con riferimento appunto a quelle facoltà narrative, a quella briosa immediatezza, a quella calcolata sapienza di impaginazione compositiva, a quel gusto per il particolare e per la descrizione ambientale che pure i pittori senesi seppero sviluppare in modo impareggiabile nelle “predelle” dei loro polittici.

Palazzo Comunale
Due epoche diverse, questa importante figura romanica che troneggia nella piazza mostra nella parte sinistra la Torre del Bargello dove esisteva, fino al 1850, la Campana degli Anziani, usata fin dai tempi della Repubblica per le riunioni del Consiglio Maggiore e per richiamare il popolo in piazza. La parte destra, unita alla Torre dei Conti di Biserno, fu aggiunta nel 1334. L’edificio è a tre piani e coronato da merlatura. Nella faccita vi si osservano numerose incisioni e lapidi, una lupa senese, bassorilievo in marmo del 1468 eseguito da Urbano di Pietro da Cortona e lo stemma mediceo del 1563 ad opera di Francesco Meschini di Carrara. È in questo Palazzo che si legiferava, si componevano alleanze politiche e militari, si riunivano i magistrati a dirigere le sorti della Repubblica e si ricevevano ospiti illustri e ambasciatori. Il corpo centrale è in stile gotico-senese del XIV secolo, opera di Stefano di Meo e di Gualtiero di Sozzo.

Palazzo del Podestà o Palazzo Pretorio
Straordinario e suggestivo l’impatto visivo per il visitatore che per la prima volta si trova al cospetto di questo monumento massetano, posto di fronte all’ingresso della piazza e calato nello sfondo, senza dimensione di profondità, come magica scenografia di teatro. Con finestre bifore, secondo lo stile del XII secolo, fu residenza dei Podestà, dei Commissari, dei Capitani di Giustizia e dei Regi Vicari. Da notare nella facciata di questo Palazzo gli stemmi dei Podestà, lo stemma del Comune e del popolo di Siena. In ordine a quell’alone di leggenda che circonda la lunga vita dei palazzi antichi, si dice che da una finestra del lato via Butigni, fosse stato gettato il Podestà Mignanelli, senese, incappato nella sollevazione contro Siena del 1318. Sempre nella facciata, vicino alla porta d’ingresso, si può vedere una campanella alla quale venivano legate le persone condannate alla pena della “Berlina”, mentre più in basso si osserva un incavo regolare lungo circa un metro e mezzo, che rappresenta la misura legale dell’epoca, detta “asso” e corrispondente a tre braccia. Il Palazzo è sede del Museo Archeologico.

Palazzina dei Conti di Biserno
Considerata da molti la più bella costruzione civile di Massa, questa palazzina, attigua al Palazzo Comunale, ha la facciata di bozze di travertino, con due grandi finestre bifore ricchissime di cornici ed ornamenti e tracce di un grande arco chiuso per dar luogo a due finestre del rinascimento. In basso si trova lo stemma scolpito in marmo della famiglia Sergardi (XV sec.) e nella decorazione di una finestra incisa l’iscrizione del Vescovo Amalfitano Ghianderoni di Siena. Unita al palazzo la Torre Merlata con finestre oblunghe del XIII secolo. Caduta la Repubblica di Massa i Biserno lasciarono la Città ed il palazzo, proprietà dei Vescovi, passò all’Opera di San Cerbone per poi essere alienato ai privati.

Palazzo Malfatti e Logge del Comune
Palazzo Malfatti, con le logge del Comune, di fronte al Palazzo Comunale, chiude la Piazza Garibaldi con una evidente strozzatura, tipica, per motivi difensivi, di molte piazze medioevali. Il fabbricato, che esisteva già nel XIII secolo, indicato come Palazzo Pannocchieschi, ha subito notevoli rimaneggiamenti. Le logge si affacciano su un lato della piazza. Demolite nel 1893 perché pericolanti, furono ricostruite, nello stesso stile, nel 1902. All’interno è visibile un affresco con l’immagine della Madonna e di due Santi.

Palazzo Pannocchieschi e Palazzo Albizzeschi
Lasciandosi alle spalle la piazza, sulla sinistra di via della libertà, ai numeri 11-15, si trova il palazzo Pannocchieschi – legato alla storia della potente famiglia – che risale alla metà del XIII secolo, con consistenti rimaneggiamenti effettuati durante il XIV e il XV secolo. La sistemazione attuale è il risultato di un restauro attuato nel XIX secolo. Poco avanti si trova il Palazzo Albizzeschi, in cui nel 1380 nacque San Bernardino. L’edificio, più volte rimaneggiato, ha attualmente un’impronta ottocentesca.

Fonti dell’Abbondanza
Accanto all’edificazione di palazzi per le pubbliche magistrature, di mura e di fortificazioni per il sistema difensivo, anche lo scavo di pozzi e la sistemazione di fonti per l’acqua furono fra le opere di primaria utilità pubblica che i Comuni toscani del tardo Duecento seppero garantire. Se il caso di Siena, con il suo complesso acquedotto sotterraneo e il sistema di monumentali fonti urbane e suburbane, appare ai nostri occhi eccezionale, pure numerosi altri centri assolsero al bisogno di approvvigionamento idrico per la popolazione, facendo costruire edifici architettonicamente molto impegnati, che avessero la possibilità di divenire il vanto della città e permettessero di sfruttare quegli spazi pubblici per comunicare un messaggio di interesse generale anche tramite delle immagini memorabili. È quanto accadde a Massa Marittima, dove nel 1265 veniva portata a termine la Fonte Pubblica: un massiccio parallelepipedo, sulla cui facciata tre arcate a sesto acuto si aprono su altrettante vasche d’acqua oltre le quali cinque grandi pareti offrirono l’occasione per rappresentare un’articolata figurazione di un inconsueto e inatteso soggetto profano. Quanto è stato finora possibile recuperare, al di sotto di scialbature e di durissime incrostazioni calcaree, si rivela come una delle più importanti scoperte per la pittura tardomedioevale in Toscana: l’Albero della Fecondità.